LA TRANSIZIONE ALLA FASE ANZIANA: UN CAMMINO PROGRESSIVO E DIFFERENZIATO

Dott.ssa Nicoletta Catani

“ Io continuo a fare per lei le piccole cose necessarie e questo mi rasserena perché la rende presente nelle azioni oltre che nei pensieri. …avere sempre qualcosa da portarle anche se lei non è capace di chiedere e forse nemmeno di accorgersi  di quello che ha.  Desiderare che abbia le sue cose in ordine, che indossi un abito allegro, controllare che sia trattata bene, significa non averla del tutto abbandonata, entrare in un altro ritmo, imparare a fare in modo diverso la figlia. Avere una madre invisibile da tenere sempre vicino a sé.” (Maria Grazia Maiorino, L’azzurro dei giorni scuri, 2006)

La testimonianza di una figlia che si prende cura della propria madre, ospite di una struttura per anziani, sottolinea chiaramente come la transizione alla fase anziana sia un passaggio delicato e ricco di cambiamenti qualitativi e strutturali per tutta la famiglia.  L’età anziana determina una vera e propria trasformazione di una condizione di vita e ciò si manifesta soprattutto nella relazione tra genitore anziano e figli. L’inversione di ruolo, che ha luogo soprattutto in caso di malattia del genitore o qualora l’anziano non sia più in grado di gestirsi in modo autonomo, è un fenomeno caratteristico di questa fase. Accettare l’aiuto dei propri figli e offrire sostegno alla generazione anziana, sono i compiti di sviluppo speculari che toccano genitori e figli. Tuttavia, affinchè si instauri una relazione d’aiuto, è necessario un processo di adattamento reciproco da entrambe le parti: non è infatti automatico che un genitore sia disposto a dipendere dai propri figli e che i figli si prendano cura di lui. È la riconoscenza, la qualità affettiva che permette un positivo passaggio di consegne dalla prima alla seconda generazione. È un compito psichico che spetta ad entrambe le generazioni: “ riconoscere di aver ricevuto sia da parte dei genitori ormai anziani, sia da parte dei più giovani, è l’indicatore che è in atto un adeguato passaggio di valori e credenze familiari.”

Nel caso si manifesti l’inizio di una malattia, “la reazione della famiglia dipende dallo specifico significato che essa assume all’interno della storia familiare”. La malattia dell’anziano e la conseguente ristrutturazione familiare, può dar voce a nodi problematici rimasti nascosti da tempo, come ad esempio la rivalità tra fratelli, oppure risultare una opportunità per risolvere antichi conflitti.

Attualmente, visto il prolungamento delle malattie croniche e invalidanti, la presa in carico dell’anziano malato o non più autosufficiente da parte dei familiari risulta sempre più una decisione sofferta. Si assiste ad una maggiore richiesta da parte della famiglie verso il sistema dei servizi socio sanitari anche se, affidare il “proprio caro” ad un servizio assistenzialistico, genera senza dubbio sentimenti contrastanti in coloro che non hanno le risorse per prendersi cura in prima persona del familiare.

Se tuttavia famiglia e servizi si incontrano condividendo una logica di cooperazione, “è possibile creare un giusto equilibrio tra vicinanza e lontananza rispetto all’anziano in struttura”.

Il servizio che ci proponiamo di offrire si pone l’obiettivo di includere, nel processo di cura dell’anziano, anche i suoi rapporti significativi e vitali. Coinvolgere le famiglie nella routine del servizio assistenziale, nelle attività ricreative e nei progetti, alimenta il legame tra l’anziano e le sue figure di riferimento e al contempo non esonera i familiari dall’esercizio della cura.

Marisa Malagoli Togliatti e Umberta Telfner, Dall’individuo al sistema, 1991

Scabini  E., Cigoli V.,   Il famigliare , 2000

Maria Grazia Maiorino, L’azzurro dei giorni scuri, 2006)

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