Gli ospiti della Casa di Riposo ricordano con emozione i momenti passati a scuola e i loro racconti ci permettono di fare un salto negli anni ’40.
La scuola era lontana da casa e si doveva camminare anche per 4-5 km. Per andare a scuola non c’era neanche la strada e in alcune zone si doveva attraversare il fiume su una passerella di legno.
Si andava a scuola con i sandali di gomma e quando c’era la neve si mettevano gli stivali, quelli grandi dei genitori, ce n’era un paio solo per tutti, dai fratelli grandi passavano ai piccoli, alcuni bambini erano anche scalzi. I genitori portavano la legna a scuola per riscaldare gli ambienti.
Si portavano i libri con la borsa di ferro delle munizioni di guerra dei soldati e si scriveva con il calamaio. Quando si spuntavano le punte la scritta veniva male e le mamme si arrabbiavano perché poi dovevano ricomprarle, i banchi di scuola erano tutti rigati, le scritte venivano ondulate e storte.
Q. ricorda: “durante l’inverno babbo mi preparava lo scaldino per le mani con il barattolo di conserva da un Kg. Dentro ci metteva la carbonella. Un giorno mentre camminavo con il vento mi sono bruciata il cappotto!” Mentre Q. racconta la sua storia sorride pur rivivendo quei momenti difficili.
Alcune classi erano molto numerose formate anche da 52 bambini con una sola maestra: Il sabato per fare ginnastica si metteva la divisa del regime fascista, la maestra ti faceva marciare e fare il saluto del Duce.
M. ha ancora dei ricordi molto vividi dei bombardamenti e mentre racconta inevitabilmente i suoi occhi diventano lucidi: ”la nostra classe era al primo piano e quando c’erano i bombardamenti saltavamo dalla finestra e fuggivamo lungo la vigna”.
Le maestre erano molto severe e si facevano rispettare: se gli alunni studiavano le maestre erano buone e gentili, ma se non si fossero comportati bene sarebbero stati puniti con le bacchettate sulle mani.
A. ricorda che si poteva andare in bagno solo quando lo diceva la maestra, se gli alunni non facevano i compiti o si comportavano male la maestra li chiudeva in classe in punizione mentre lei andava a pranzo: nel frattempo qualcuno scappava dalla finestra.
A. : ”Io ero mancina e per questo motivo i miei genitori non mi hanno mandato alla scuola pubblica perché avevano paura che gli insegnanti non mi avrebbero seguito bene. In quel tempo non potevi essere mancina, dovevi imparare subito a scrivere con la mano destra. Mi hanno mandato da un’ insegnante privata ma era molto severa e, ogni volta che sbagliavo o ero lenta mi dava gli scappellotti. Ricordo tutto questo ancora con tanta sofferenza!”.
Nei racconti degli ospiti emerge nostalgia, a volte dolore ma anche gioia nel ricordare momenti di genuina condivisione con gli amici.
G. rammenta che la sua abitazione era vicino al cancello della scuola. Nel terreno di casa vicino alla scuola c’era il passaggio per raggiungere l’orto, c’erano anche vigne e ulivi. Insieme ai compagni di classe raccoglievano le olive e l’uva e con il pane fresco si faceva merenda.
“Era difficile andare a scuola, non avevamo i mezzi, non avevamo i vestiti, non c’era niente, era freddo e dovevamo comportarci come dicevano loro… ma andavamo a scuola felici!”.